IL PERCORSO INIZIATICO: V.I.T.R.I.O.L., Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem

V.I.T.R.I.O.L., Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem è l’acronimo alchemico-latomistico che esorta al viaggio verso la Pietra Occulta posta al centro dell’essere. Per arrivarci, dice la formula, dobbiamo «rettificare», operare rettamente «dentro» e «fuori» di noi. È dunque l’intento del cammino, la ricerca, ed al tempo stesso la costruzione della «retta via», che diventano metafore per e della meta, della Pietra Occulta o, meglio, di ciò che in essa si nasconde: lo Spirito Universale. La sapienza antica, infatti, era basta sull’analogia tra micro e macrocosmo, concetto riassunto nella nota sentenza «come in alto così in basso», secondo il principio espresso nella Tavola Smeraldina E allora, per elevarci anagogicamente verso l’Essere del vero, dovremo viaggiare analogicamente sia nel mondo «fuori» sia in quello «dentro» di noi, per com/prendere come ciò che interiormente ci qualifica possa essere colto solo se messo in relazione con ciò che ha generato tutto l’insieme delle forme manifestate. Non si trova, dunque, l’essenza delle Pietra Occulta, senza orientare il percorso verso la conoscenza del suo contenitore: noi stessi. Il Vedānta afferma che l’uomo possiede, ed è egli stesso, «quella cosa che conoscendo la quale tutte le cose sono conosciute» e, ancora, «in virtù della quale tutte le cose gli sono care».( Coomaraswamy A. K., Induismo e Buddismo, Rusconi 1987, p. 19.) Questa è la luce più intrinseca all’uomo, anteriore all’esterna, riflesso immaginale della Luce spirituale. Ma il V.I.T.R.I.O.L. alchemico-latomistico, come sappiamo, non è la sola via; se ve ne fosse una esclusiva si negherebbe ciò che invece è alla radice di ogni ricerca iniziatica: la pluralità degli esseri che muovono verso lo stesso Essere. Le diversità sono necessarie perché nulla si può conoscere se non secondo il modo di colui che conosce; per quanto in ognuno di noi viva l’intuizione che tutte le strade conducono alla stessa meta, è evidente che ciascuno deve scegliere il cammino che parte da dove egli si trova. La ricerca dunque esiste, ed il cercatore sa già, nei limiti di ciò che ognuno potrà comprendere, che la meta sarà raggiunta solo se egli stesso diverrà l’oggetto della ricerca. Al tempo stesso, deve essere altrettanto consapevole che, sul piano macrocosmico, la Pietra Occulta, o ciò che in essa è occultato, vive e transita ogni momento ed ogni luogo ricongiungendo tutto nella stessa Essenza: è questa la visione poetica che percepiamo quando agiamo i simboli che ci indicano di «riunire ciò che è sparso», ogni volta che pratichiamo la ricomposizione tra noi e il mondo costruendo le condizioni affinché ciò avvenga e continui ad avvenire. Il mondo «dentro» e quello «fuori» di noi sono dunque correlati da un sottile reticolo di analogie, affinità, risonanze, premonizioni, che compongono la «trama nascosta più forte della manifesta»(Colli G., La sapienza greca, Adelphi 2006, p. 35.), come diceva Eraclito, che va sentita e al tempo stesso rigenerata, sia cogliendone il senso ascensionale, anagogico, il punto altissimo dove tutto converge oltre ogni dualità, sia quello analogico, affinché la Pietra Occulta si manifesti a noi ed in noi con lo stesso volto dell’Angelo del Mondo, i cui tratti sono formati dal reticolo delle corrispondenze. Ma perché seguire il filo delle analogie, indagare i segni di una verità forse irraggiungibile anche se contenente il senso dell’essere nell’Essere, e non, invece, semplicemente farsi trasportare passivamente e conformisticamente dal fluire delle cose, dimentichi infine, se non impauriti, di noi come parte del Tutto? Ecco, questa è esattamente la falsa opposizione che il V.I.T.R.I.O.L., il solvente universale, l’Azoth, può aiutarci a ri-solvere poiché, per essere goccia nel mare bisogna prima essere consapevoli della propria natura essenziale di oceano, per poterla così annullare, solve, in ciò che l’ha generata e che, mercé noi, si rigenererà, coagula. Solve et coagula dunque, l’apoftegma alchemico ci chiama a visitare la «Terra Interiore» per tornare, partendo dalla nostra empatia con la Terra, a ritrovarci nuovamente nel paradêsha sanscrito, che, come il Paradiso di Dante o l’Aleph di Borges, non è luogo d’immortalità, bensì uno stato di riposo e di transito dell’essere, fuori dal tempo ma non senza una sua durata, verso la dimora finale, là dove potremo guardare il Sole spirituale faccia a faccia. E dunque, se in Paradiso la morte non può avere alcuna presa, in quanto si tratta propriamente del «soggiorno d’immortalità» poiché tutte le cose sono in perfetta simultaneità ed immutabile presente, esiste un oltre in cui tutto si trasmuta costantemente da vita attuale a nuova vita potenziale, per generare altre manifestazioni dello Spirito. Raffaele K. Salinari

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